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Outdoor festival

Here, now.”, titolo di questa sesta edizione del festival, vuole porre al centro della riflessione il tempo e lo spazio come dimensioni ultime sulle quali si struttura la nostra esperienza.


Qui e ora, un luogo e un tempo stabilito. Un momento unico, non replicabile, che racchiude in sé i diversi piani temporali: il passato della caserma, il presente della creazione artistica e la futura rigenerazione dello spazio; e un luogo che non è un semplice contenitore ma vero e proprio contenuto.

Le ex caserme SMMEP (Stabilimento Militare Materiale Elettronico di Precisione) di via Guido Reni, dismesse nei primi anni Novanta, diventano lo strumento attraverso il quale il festival mette in movimento diversi processi esperienziali: l’atto di trasformazione dello spazio, la percezione di un’azione transitoria, l’interazione con le opere stesse, la fruizione collettiva di un luogo rigenerato, la partecipazione attiva degli artisti e delle classi durante i workshop di Outdoor Camp.

Essere presenti in un dato momento e fare esperienza dello spazio e del tempo nel dialogo che si crea tra le nude strutture architettoniche e le opere artistiche in esse contenute. Prendere coscienza di sé relazionandosi con lo spazio e con il tempo attraverso la trasformazione.

Outdoor stesso è in continuo movimento. Attraverso le passate edizioni è divenuto un medium di forme espressive e comunicative nel quale sono confluite differenti esperienze artistiche, nuovi linguaggi e stili creativi che hanno richiamato sempre più l’interesse del pubblico diventando un punto di riferimento a livello nazionale per la street art, l’arte urbana e le nuove espressioni artistiche.

La scelta degli artisti di questa edizione ha come fondamento la volontà di tracciare una mappatura dell’arte quanto più estesa possibile, partendo dalla street art, da sempre essenza del festival, per giungere ad altre espressioni artistiche. In occasione del festival i numerosi capannoni della caserma si convertono in Padiglioni suddivisi per nazioni nei quali si articola la mostra.
Il progetto corale e interattivo di 2501, dei Recipient, e The blind eye factory, le forme vacue e astratte di 108, la saturazione caotica dello spazio di Halo halo, la decontestualizzazione di Filippo Minelli e la memoria indagata da Lucamaleonte. La sacralità e il gesto impulsivo di Tilt e la riflessione sulla natura effimera e ciclica dell’arte urbana di Martin Whatson. Il flusso temporale nei Gif – iti di Insa e il pensiero sull’isolamento del singolo nei contesti urbani di Tinho.
Il recupero degli oggetti rinvenuti nella caserma ed elevati ad opere d’arte da Alexandros Vasmoulakis, la destrutturazione e rimodulazione spaziale dei Graphic surgery, la deformazione prospettica di Rub Kandy, lo straniamento creato dai Penique Productions e l’utilizzo dello spazio per riflettere sugli eventi dei No Idea.
E infine un progetto a cura della fotografa americana Jessica Stewart sulla scena romana con le ricerche degli artisti Alice Pasquini, Uno e Tommaso Garavini.

Here, now, vuole essere anche una riflessione sull’atto di creazione artistica e la sua fruizione.
L’hic et nunc (qui e ora) dell’opera d’arte – di cui Walter Benjamin parla a proposito dell’unicità e irripetibilità spaziale e temporale che l’opera d’arte deve possedere per definirsi tale – è in Outdoor elemento principale di indagine e in modo provocatorio si vuole evidenziare come queste nuove espressioni e modalità artistiche possiedano queste caratteristiche.